“Il silenzio è colmo di senso. […] Il silenzio è una formica/affannata a raccogliere ogni seme”.
La silloge inizia così, con una dichiarazione di poetica, ed in particolare con l’esplicitazione, da parte dell’Autrice, dell’origine intima e profonda del proprio poetare. La parola, ci dice, nel senso di parola poetica, nasce quindi dall’ascolto paziente e modesto e dall’osservazione incessante e spesso straniata delle cose. Fin dalla lirica iniziale, la quale dà il titolo alla raccolta, Emma Di Stefano rende perciò chiaro il patto con il lettore: «Parlerò di ciò che ho visto e sentito – ci informa – di ciò che ha consistenza e che tuttavia, per la sua natura intima e sfuggente, va conquistato o ri-conquistato qualora si tratti di oggetti che l’abitudine priva di spessore e di senso».
“Il silenzio è denso./Percezione d’anima e corpo […] orizzontalità e verticalità intersecate”.
Le quasi cento liriche ci diranno quindi della vita interiore, dei moti dell’anima, ma anche della concretezza del corpo, del suo relazionarsi con lo spazio e con le cose che lo abitano. (dalla prefazione di Adele Costanzo).