I “Carmina” riprendono stimoli o immagini appartenenti alla cultura classica, mentre le “Liriche” dimostrano un profondo approccio alla vita e a tutti i sentimenti, nobili e no, che comunque costituiscono la ricchezza dell’anima. La struttura è sempre vicina all’ermetismo, come tutta la poesia moderna, con immagini significate da verbo a sostantivo, da sequenze di sostantivi, con una aggettivazione sempre essenziale ma precisa, con l’uso delle maiuscole e della punteggiatura solo quando veramente significative, con le virgole spaziate come pause musicali.
Ma quello che colpisce è il ritmo delle immagini, l’inseguirsi dei “fendenti” che egli porta agli occhi e al cuore, dove ciascuno dei lettori può rintracciare elementi del proprio passato e presente.
Non c’è disperazione nelle sue riflessioni sulla vita, anzi spesso al termine della composizione compare una luce, un fuoco, un bagliore, un fiore che indica come l’uomo sappia sempre vedere una speranza, una consolazione che ognuno attende di poter godere in questa vita o in un’altra.